Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

Un mostro democratico si aggira per il Cantone

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Il Ticino è una Repubblica democratica, come cita l’art. 1 della nostra Costituzione, e normalmente in democrazia le decisioni vengono prese a maggioranza. La maggioranza è usualmente composta della metà più uno dei votanti, perché se si adottassero regole diverse si conferirebbe necessariamente più potere ad alcuni rispetto ad altri, dando così peso diverso ai voti espressi. Ciò vale in modo particolare per i gremi che rappresentano il popolo, ovvero per i legislativi. Se, ad esempio, si dovesse adottare una regola secondo cui le deliberazioni sono valide solo se si arriva a 2/3 dei votanti, in presenza di 30 votanti 11 persone che votano NO finiscono per avere più voce in capitolo di 19 persone che votano SI’, un insulto bello e buono al principio basilare secondo cui ogni voto ha uguale valore.

Il nostro ordinamento prevede in un solo caso la maggioranza “plebiscitaria” dei 2/3 per una decisione del Gran Consiglio, ma lo fa solo per il diritto di grazia, che è uno strappo manifesto ad uno dei principi cardini della democrazia, la separazione dei poteri. Qualcosa di assolutamente eccezionale, quindi, che non può divenire cosa ordinaria se non facendo violenza ad un sistema di cui andiamo giustamente fieri, almeno finché lo sappiamo difendere.

È sulla base di queste constatazioni, alle quali dovrebbero essere profondamente attaccati tutti i democratici, di destra e di sinistra, che ritengo semplicemente mostruosa l’idea che sta covando nelle commissioni del Gran Consiglio di richiedere una maggioranza di 2/3 per attivare il cosiddetto moltiplicatore cantonale, uno degli elementi del progetto governativo di freno ai disavanzi.

Un meccanismo democratico di controllo della finanza pubblica è senz’altro sano, perché obbliga ad essere conseguenti. Se si vogliono nuove spese bisogna avere il coraggio, almeno sul medio periodo, di tagliare spese attuali o di trovare nuove risorse e, all’opposto, se si vogliono nuovi sgravi fiscali bisogna indicare a quali spese si vuole rinunciare. Altrimenti non si fa che ingrossare il debito pubblico. Un meccanismo di freno ai disavanzi, come accade in quasi tutti i Cantoni, non può fare a meno dello strumento del moltiplicatore, o coefficiente d’imposta, che permette, a certe condizioni, di aumentare o ridurre linearmente la pressione fiscale. Si tratta di un elemento del meccanismo, non dell’unico, che comunque deve avere la medesima legittimità degli altri, che costituisce una leva come le altre della politica finanziaria da usare al rialzo o al ribasso se utile.

L’idea di richiedere i 2/3 dei voti per poter attivare questa unica leva, lasciando invece la regola usuale della maggioranza semplice per tutte le altre, mette a nudo due cose. Da un lato quanto alle nostre latitudini sia radicato il tabù fiscale per il Cantone, al contrario di quel che capita per i Comuni, per i quali non vige alcuna maggioranza particolare per toccare il moltiplicatore. Dall’altro quanto sia debole politicamente la solida maggioranza che sembra poter sostenere questa tesi, una maggioranza che tentando di blindare questo tipo di deliberazione non si accorge di esprimere puramente e semplicemente sfiducia verso sé stessa.

Tra un paio di settimane la questione approderà in Parlamento unitamente al Preventivo 2014 ed io mi auguro che per allora qualche sussulto civile permetta di accantonare questa inguardabile mostruosità. Sarebbe bello se questo accadesse al di là degli steccati di partito, semplicemente per fair play sulle regole del gioco, semplicemente per amore di democrazia. La politica cantonale ne uscirebbe migliore.

Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

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