Preoccupazioni e soluzioni

La comprensione del voto del 9 febbraio scorso dei ticinesi ha trovato molti adepti nelle ultime settimane, come era logico attendersi, ma le soluzioni scaturite dalle urne sembrano non piacere a nessuno.

Non alle prime vittime di quel pronunciamento, gli studenti universitari, che dallo stop al programma di scambi Erasmus seguito all’impasse sull’allargamento dei bilaterali alla Croazia si sono visti discriminati dai colleghi europei. Anche se si cercherà in ogni modo di porre rimedio al problema, le uova sono state rotte e ricomporle non sarà semplice.

Non ai ricercatori, tagliati fuori per lo stesso motivo da Horizon 2020, il programma europeo di ricerca che ha sempre premiato la Svizzera come Paese particolarmente attivo nel campo dell’innovazione. Il pericolo di non poter partecipare a pieno titolo alle tappe future dello sviluppo della ricerca in Europa è di rilievo e non sarà facile convincere gli europei della nostra volontà a doppio binario di essere aperti quando si parla di ricerca e selettivi quando si parla di lavoratori.

Non agli imprenditori, che invocano da più parti contingenti generosi. Anche in Ticino, come ha ben sperimentato lo stesso Christoph Blocher sceso a sud delle Alpi per complimentarsi con chi ha sostenuto massicciamente la sua iniziativa, l’economia è divisa sulle necessità di manodopera straniera e le preoccupazioni popolari cominciano ad essere messe in secondo piano da questi ambienti.

Per fortuna il Consiglio federale ha deciso, purtroppo tardivamente, di rafforzare le misure d’accompagnamento alla libera circolazione delle persone con nuove misure a favore di salari dignitosi in Svizzera. Misure utili, probabilmente ancora insufficienti, subito combattute dall’UDC e dai liberali radicali svizzeri, nel segno dello spregio al segnale popolare che chiede alla politica un intervento deciso.

Una situazione piuttosto caotica, dalla quale si uscirà solo se finalmente alle preoccupazioni popolari la politica saprà dare risposte adeguate ed efficaci. Come ha giustamente ricordato a Lugano qualche giorno fa Christian Levrat, è inutile avere contingenti e il diritto di preferenza per i lavoratori residenti a fronte della libertà di pagare salari del tutto indegni. Per questo il rafforzamento dei diritti dei lavoratori rimane la strada maestra, anche se non facile, per dare maggiori opportunità di lavoro a chi abita in Svizzera ed in Svizzera cerca un’occupazione. I ticinesi non hanno bisogno di contingenti per lavoratori con salari da fame, ma necessitano di poter concorrere alla pari per i posti di lavoro nel nostro Cantone, senza la concorrenza sleale conseguente al dumping organizzato da una parte delle aziende. E la concorrenza alla pari si gioca sul livello degli stipendi.

Tutto il resto, restrizioni ai posteggi, fiscalità più difficile per i frontalieri ecc. non conta molto, anche se occupa molto spazio nei media distraendo l’opinione pubblica dal centro del problema.

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