Pubblicato su Area e sulla Regione, giugno 2006

Durante una cena tenutasi nel settembre 2005, prima di un dibattito a Rovereto GR sui bilaterali bis, mi capitò di discutere con Paolo Clemente Wicht del testo dell’iniziativa “28 inceneritori bastano”, allora in gestazione. Gli espressi dei dubbi sulla costituzionalità della moratoria cantonale, ma la risposta fù piuttosto netta. La questione era stata valutata, ma i miei dubbi non erano quelli degli iniziativisti.

A quasi un anno da quell’incontro, malgrado le certezze di Wicht e degli altri giuristi che assieme a lui avevano valutato il problema, la conclusione dei periti e quindi del Gran Consiglio è stata un’altra: la moratoria cantonale lede manifestamente il diritto federale superiore ed è quindi incostituzionale.

Chi ha raccolto le firme a favore dell’iniziativa sapeva perfettamente di muoversi in un campo minato, ma ha fatto finta di nulla. Tuttavia, siccome prima o poi i nodi vengono al pettine, quando questo accade in genere si dà la colpa al pettine, magari nascondendosi dietro 15’000 firme, sorvolando sulla responsabilità di chi ha creato i nodi.

Il rispetto della legalità non è una questione per barbosi giureconsulti arroccati nelle loro torri d’avorio. E gli ambientalisti dovrebbero saperlo bene. Per prendere un esempio caro al Ticino, va detto che è grazie al principio di legalità che gli ambientalisti possono oggi dormire sonni tranquilli sul raddoppio del Gottardo, escluso dall’art. 84 della Costituzione federale, introdotto dall’iniziativa delle Alpi. Ma se si pretende dalla lobby stradale, che a Berna ha la maggioranza, il rispetto della legge su questo punto, non si può guardare altrove quando la legge ti dà torto senza beccarsi un poderoso torcicollo.

Il fatto che, ricorsi al Tribunale federale a parte, rimanga comunque sul tappeto una parte dell’iniziativa “28 incenenritori bastano”, apre comunque qualche porta. Permette per esempio al Parlamento di poter far uso dello strumento del controprogetto. Una possibilità che personalmente auspico, per concretizzare con misure effettive l’incentivazione del riciclaggio.

Contrariamente a quanto sostenuto dagli iniziativisti, i Comuni e in generale coloro che consegnano rifiuti agli impianti di smaltimento continuano ad avere un interesse manifesto a ridurre il quantitativo di rifiuti urbani consegnati all’ACR, indipendentemente dal nuovo forno. Perché? Ma perché sanno bene che meno tonnellate consegnano, meno pagano. Il dimensionamento eccessivo del forno di Giubiasco, che rimane un errore, non avrà effetti su queste politiche. Nessun Comune ha cambiato i propri orientamenti a seguito delle scelte su questo impianto. Nel Bellinzonese numerosi Comuni stanno passando alla tassa sul sacco e a Losone si introdurrà quella sul peso. L’unico effetto del sovradimensionamento sarà, forse, un costo per tonnellata smaltita un po’ più alto, cosa che forse impressionerà la destra, ma non dovrebbe essere un problema per chi ha un approccio ambientalista a questa materia.

Per questo lo spazio per nuovi incentivi cantonali all’aumento del riciclaggio esistono. Con il controprogetto si potrebbe rilanciare il discorso sulla tassa sul sacco cantonale o quantomeno incentivare le tasse causali comunali e penalizzare gli altri sistemi di finanziamento della raccolta dei rifiuti da parte dei Comuni. Queste sono politiche fattibili, alla portata della nostra legislazione, per le quali il PS può e deve impegnarsi, come del resto ha sempre fatto.

Malgrado gli insulti ricevuti (Rotalinti ha definito di recente i deputati PS che hanno votato con la maggioranza “la parte marcia del PS”), che sono sempre i poveri “argomenti” di chi argomenti veri non ne ha, su questo terreno è senz’altro possibile un’intesa con chi si preoccupa di ridurre al minimo l’impatto del pattume sull’ambiente. Un terreno sul quale lavorare nei prossimi mesi, per cercare di raggiungere in Gran Consiglio una maggioranza che possa tradurre in concreto il postulato del punto c. dell’iniziativa, mai contestato da nessuno e tutt’altro che secondario, se concretizzato.

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