“Racconta una bugia e continua a ripeterla, qualcosa rimarrà comunque nella testa della gente”.
E’ un vecchio sistema per contrastare i progetti e le riforme che non si vogliono, al quale non è sfuggito nemmeno Piero Marchesi in un suo recente commento sulla Scuola che verrà, che da lunedì sarà discussa in Gran Consiglio.
Il presidente UDC in poche righe ha messo in riga almeno 6 fakenews (complimenti per la sintesi) che non possono essere lasciate passare senza reagire: mancato coinvolgimento, progetto funzionale alle prossime elezioni cantonali, scelta à la carte delle materie da parte degli allievi, obiettivo della parità di arrivo e non di partenza, più competenze sociali e meno competenze “istruttive”, più potere centralista al Dipartimento.
Caro Marchesi, le cose non stanno così.
1. Il coinvolgimento di insegnanti, specialisti, genitori e politica c’è stato, eccome, alle due consultazioni molto ampie hanno partecipato in molti e molte delle indicazioni presentate sono state integrate nel modello finale, tanto che oggi le associazioni magistrali, i direttori scolastici e la Conferenza dei genitori appoggiano la riforma.
2. Le prossime elezioni non c’entrano, noi volevamo già partire a settembre 2017 e se la discussione avviene oggi è perché il Gran Consiglio ci ha chiesto un anno in più.
3. La scelta à la carte delle materie da parte degli allievi non so dove l’ha letta, forse si riferisce ad un’estensione delle opzioni in III e IV media, elemento che, a proposito di coinvolgimento, è stato plebiscitato da tutti come positivo nel corso della seconda consultazione.
4. La parità di arrivo invece della parità di partenza, mi spiace dirlo, è una menzogna colossale, da sempre il progetto intende semplicemente permettere agli allievi di andare là dove le loro risorse permettono loro di andare, considerando e sostenendo le loro individualità dentro un contesto scolastico unico, dove tutti si incontrano e non c’è separazione fisica.
5. La questione delle competenze sociali o disciplinari non è trattata in questo progetto, è oggetto del piano di studio già in fase di implementazione, ma non sposta affatto il centro dell’insegnamento verso le competenze sociali, semmai integra bene tutte le competenze, come la scuola del resto fa già da molti decenni.
6. Infine il presunto centralismo del Dipartimento, di cui nel progetto non vi è alcuna traccia e che risulta del tutto campato in aria.
La proposta Pamini-Morisoli, alla quale il Consiglio di Stato ha risposto da oltre un anno con un messaggio di quasi 30 pagine, che tra l’altro ripropone un parziale finanziamento delle scuole private parificate e un’estensione del sistema dei livelli a molte discipline e nell’arco di tutta la scuola media invece del superamento di questo modello, dovrà essere anch’essa trattata dal Parlamento, ma va in direzione diametralmente opposta al progetto in discussione da domani in Parlamento, che si inserisce invece nel solco della tradizione inclusiva della nostra scuola dell’obbligo.
Nel nostro Paese, come dappertutto, ci sono certamente più visioni della scuola a confronto; è lodevole discutere pubblicamente di questioni che interessano la collettività, ma bisognerebbe farlo sulla base di dati veri, non di argomentazioni inventate o fallaci.