Confronto politico aperto

Pubblicato su Area, febbraio 2006

Dopo lo scontro sul Preventivo 2004, quello del “putch” contro Patrizia Pesenti poi rientrato in fretta e furia sotto la pressione popolare, quello dei “meravigliosi referendum” del 16 maggio 2004 che sconfessarono la linea della maggioranza governativa dei tagli a go go, si era aperta la fase della concordanza. Il Preventivo 2005, pur senza entusiasmare nessuno, era stato accolto come una svolta, perché dopo tanti anni di sgravi, finalmente, si ricominciava a parlare anche di entrate fiscali, chiamando quindi a contribuire al risanamento delle casse pubbliche anche chi aveva goduto dei benefici della politica fiscale masoniana dei precedenti 10 anni.

Una parentesi purtroppo chiusasi presto, già con l’annuncio del Consiglio di Stato del ritorno alla linea dura con il I aggiornamento delle Linee direttive del dicembre 2004.

Il voto dell’8 maggio 2005 ha sostenuto da un lato la concordanza, poiché il popolo ha approvato, seppure di misura, le entrate del Preventivo 2005, ma ha dato anche un segnale chiaro quanto alla cautela sul recupero totale degli sgravi alle persone giuridiche, respingendo l’iniziativa MPS.

Da questo voto in chiaroscuro il Governo ha preso nuovo slancio per confermare la sua scelta di ritorno alla politica della mannaia. Ne sono usciti il “pacchetto di riequilibrio”, votato dal Gran Consiglio nel settembre 2005, e il Preventivo 2006, votato tre mesi dopo. Nuovi tagli, niente ripensamento delle entrate, nessuna ricerca del consenso hanno prodotto, com’era logico, il referendum sul quale voteremo il 12 marzo prossimo.

Un nuovo referendum contro la politica finanziaria dei due pesi e delle due misure, dura con sanità, socialità, scuola e molto comprensiva con chi ha avuto tanto dagli sgravi fiscali. Una politica impersonificata dalla ministra delle finanze, finita di recente nella bufera, ma da anni portavoce di una visione dei compiti dell’ente pubblico che il PS non ha mai condiviso.

Qualcuno di recente ha chiesto che si eviti di trasformare il referendum del 12 marzo in un referendum pro o contro Masoni approfittando dell’affaire “Fiscogate”. Ma queste persone sanno perfettamente che il referendum, lanciato ben prima dello scoppio dello scandalo e della scoperta della fondazione di famiglia della ministra, è nato come protesta contro la politica finanziaria di Marina Masoni, contro la sua via squilibrata del risanamento delle casse pubbliche, purtroppo condivisa dalla maggioranza del Consiglio di Stato, come risposta al ritorno alla linea dura sulle spese. Se poi oggi la rappresentante massima di questa visione sta perdendo di credibilità a seguito dell’affaire che la sta toccando da vicino, beh questo è un problema suo e di chi continua a sostenere la sua linea politica, non certo un escamotage dei referendisti.

Il popolo decida serenamente, se vuole uno Stato che dia risposte di qualità ai bisogni collettivi o se vuole privilegiare il risparmismo più duro. Lo faccia sulla base del confronto aperto su questo tema e non sulla base di altre cose. Chi invece ha problemi di credibilità eviti di fare la vittima o di chiedere agli amici di confondere le carte inutilmente.

NO ad un provvedimento squilibrato

Pubblicato sulla Regione, febbraio 2006

In vista del voto del 12 marzo sui tagli nella sanità, nella socialità e nella scuola dal fronte del SI’ hanno fatto capolino due argomenti che meritano un certo approfondimento.

Il primo di esso è legato al concetto di “simmetria dei sacrifici”, di cui secondo i fautori del SI’ questo provvedimento sarebbe parte integrante. A loro dire, infatti, dopo i sacrifici chiesti al personale pubblico, all’economia, alla scuola ecc., ora sarebbe il turno dei sussidi ad enti e associazioni, cioè di tutte quelle organizzazioni che, anche grazie al finanziamento cantonale, erogano prestazioni fondamentali ai cittadini nel settore sanitario, sociale, della formazione.

A proposito di simmetria, mi si permetta di dire, senza polemica, che ci vuole una gran bella faccia tosta a sostenere che fino ad ora si è proceduto nel risanamento delle casse pubbliche in maniera simmetrica. Due esempi sono illuminanti al proposito.

Nel settore dei sussidi ai premi di cassa malattia, malgrado il NO netto e chiaro dei cittadini espresso il 16 maggio 2004 a tagli in questo ambito, il Governo ha deciso autonomamente, e probabilmente illegalmente, di andare avanti comunque. Così con il cosiddetto “pacchetto di riequilibrio” del giugno 2005, in nome del risanamento ha proceduto contro la volontà popolare ad espellere 10’000 cittadini da questi contributi, oltretutto in un momento dove i premi aumentavano in maniera importante.

Per l’economia la musica è stata diversa. E’ vero che essa ha accettato per il triennio 2005-2007 un aumento transitorio dell’imposta sugli utili dal 9% al 10%, ma non va dimenticato che nel 2001, grazie ad un’iniziativa popolare leghista, essa si era vista ridurre stabilmente il carico fiscale dal 12% al 9%. Il contributo delle aziende c’è stato, ma solo dopo un beneficio di ben tre volte superiore!

La vera simmetria dei sacrifici ci sarà solo quando in questo Cantone si vorrà affrontare il nodo politico degli sgravi fiscali. Finché non si vorrà chiedere un contributo a chi ha beneficiato a piene mani di questa politica voluta dalla ministra delle finanze, le cui minori entrate cumulate dal 1997 ad oggi ammontano a 1,4 miliardi di franchi, non si andrà lontano. Chiedere oggi ai cittadini più deboli (anziani, invalidi, bambini, giovani ecc.) di rinunciare a prestazioni importanti mentre la parte più benestante della società ticinese non dà nulla è sbagliato, contrario alla coesione sociale, semplicemente ingiusto.

Il secondo concetto espresso dai nostri avversari è invece quello della presunta inutilità del voto, poiché, a detta di alcuni, i contratti con enti e associazioni sarebbero già stati conclusi e quindi per il 2006 non ci saranno cambiamenti anche se il NO la dovesse spuntare.

Anche qui, sempre senza polemica, mi si permetta di ribadire meraviglia e disappunto.

A parte il fatto che enti e associazioni hanno dovuto firmare i contratti in un contesto riassumibile nel concetto “o mangi questa minestra, o salti la finestra”, tutti hanno tenuto a sottolineare che con le ristrettezze imposte dalle decisioni governative e parlamentari già nel medio periodo si porranno dei seri problemi a livello di prestazioni ai cittadini. Tra questi anche l’Ente ospedaliero cantonale, nel cui Consiglio di amministrazione siede uno dei co-presidenti del Comitato per il SI’.

I tagli su cui voteremo il 12 marzo sono delle misure del tutto unilaterali, che in nome del riassesto finanziario chiedono sacrifici ai soliti. Nessuna simmetria, come già era accaduto con il Preventivo 2004, e nessuna ricerca del consenso. Una scelta sbagliata, che mi auguro la saggezza popolare sappia rinviare al mittente con un NO.

La zavorra

Pubblicato su Area, gennaio 2006

In tranquilla attesa delle risultanze dell’inchiesta amministrativa sul cosiddetto “Fiscogate” e, spero, della loro completa comunicazione al Gran Consiglio, qualche aspetto di questa vicenda merita già oggi un commento politico.

Non certo per avviare la campagna elettorale 2007 con 9 mesi di anticipo, come sostiene a vanvera qualcuno disperatamente a corto di argomenti, ma perché tra poco più di un mesetto si vota sui tagli nel sociale e nella scuola proposti dal Consiglio di Stato e decisi dal Parlamento nel settembre 2005.

E’ noto che la parabola governativa della ministra delle finanze è stata contraddistinta, dal 1995 ad oggi, da due scelte politiche chiare. Prima essa si è adoperata per ridurre sensibilmente la pressione fiscale, con l’effetto di favorire soprattutto i benestanti. Lo ha fatto potendo sempre contare su ampie maggioranze (PLRT, PPD, Lega, UDC) disposte a sostenerla. Poi, quando il calo delle entrate ha iniziato a farsi sentire sulla salute delle casse cantonali, ha iniziato a chiedere lacrime e sangue in nome dell’emergenza finanziaria, ma lo ha fatto solo nei confronti di una parte della popolazione, quella più debole.

Unicamente con il Preventivo 2005, a seguito del successo dei referendum votati il 16 maggio 2004, la ministra ha dovuto accettare un “fuori programma” basato sulla concordanza e la simmetria dei sacrifici, parentesi purtroppo chiusasi subito ad inizio 2005, sempre con il supporto della solita maggioranza.

I tagli su cui voteremo il 12 marzo sono delle misure del tutto unilaterali, che in nome del riassesto finanziario chiedono sacrifici ai soliti. Nessuna simmetria, come già era accaduto con il Preventivo 2004, e nessuna ricerca del consenso. Una scelta decisa, confermata ancora dalla ministra delle finanze nella sua intervista di fine anno.

Ora, con la scoperta dell’esistenza della fondazione Villalta dell’argine, si apprende che la personale guerra al fisco della signora non è solo una dottrina, ma anche una pratica di famiglia. Un fatto che ha fatto arrabbiare parecchi ticinesi, soprattutto per la sua valenza simbolica. In molti si sono chiesti con quale faccia tosta si possa venire a chiedere riduzioni di sussidi ai premi di cassa malattia, contenimenti nei settori delle case per anziani, degli istituti per invalidi, delle scuole comunali e chi più ne ha più ne metta e nel contempo avere il portafoglio di riserva fuori Cantone per pagare qualche franco in meno all’erario.

Il fatto politico ha poi innescato altre amenità collaterali, dalla sceneggiata della richiesta di dimissioni presentata da Wicht e Bignasca in pompa magna e prontamente ritrattate, alla rovinosa caduta di stile di Mauro Dell’Ambrogio che ha lasciato più d’uno senza parole.

Questo “affaire” non ha solo intaccato fortemente la credibilità politica della signora Masoni, ma arrischia di divenire una zavorra anche per la maggioranza del Governo, che l’ha sempre sostenuta nelle due fasi politiche ricordate sopra e che finora, salvo rare e sporadiche contingenze, nnon ha mai saputo distanziarsi dalla politica del risparmismo a tutto campo da lei voluta con forza.

Affinché il Consiglio di Stato abbandoni questa strada, tornando a sostenere la necessità di risanare i conti con soluzioni decisamente più equilibrate, cosa già di per sé tutt’altro che facile, è necessario che i cittadini dicano NO il 12 marzo ai tagli nel sociale, nella sanità, nella scuola. Un NO ad una politica ingiusta e miope che possa aprire la strada ad una nuova stagione del dialogo e ad un superamento di questa brutta pagina politica.

Oro, progetti e diversivi

Pubblicato sul Corriere del Ticino, gennaio 2006

L’arrivo in Ticino dei 557 milioni di franchi provenienti dalla vendita delle eccedenze auree della Banca Nazionale ha acceso negli scorsi mesi un importante dibattito nel nostro Cantone. Tutti d’accordo sul fatto che una grossa parte di questo ingente capitale debba essere usata per il risanamento finanziario, ma netta divisione tra chi ritiene che una parte di esso debba essere usata per progetti straordinari a favore della collettività e chi non vuole entrare nel merito di questo discorso. Da un lato una maggioranza, almeno teorica, formata da PS, PPD, Lega, Verdi e in parte UDC a sostenere che la straordinarietà dell’evento e l’imponenza della somma è un’occasione imperdibile per finanziare misure di interesse generale, dall’altra il PLRT e il Governo a sostenere la tesi della necessità di usare integralmente la somma per ripianare parte dei debiti delle dissestate casse cantonali.

La maggioranza che sostiene la prima tesi, oltre che casuale, è purtroppo solo teorica. Malgrado le tante parole, fino ad ora essa non ha saputo trovare un consenso attorno ad un pacchetto di misure condiviso da tutte le sue componenti. Il PPD è da tempo che parla della necessità di usare parte di questi soldi per misure contro la disoccupazione giovanile, ma al di là della declamazione dell’obiettivo e magari di qualche quantificazione non è mai andato. Non ha mai saputo spiegare con quali strumenti e in che modo intende “trasformare” un certo numero di milioni di franchi in posti di lavoro per giovani attualmente senza lavoro. Anche la Lega si è spesso dilungata nella quantificazione degli obiettivi (50 milioni per questo, 100 per quello…), ma anche in questo caso manca per quasi tutte queste idee di grande massima un progetto preciso, che indichi le modalità concrete con le quali passare dalle parole ai fatti.

Per quanto ci riguarda la nostra posizione è chiara e precisa. Il Comitato Cantonale del PS ha deciso lo scorso mese di giugno di proporre l’uso di una parte dell’oro della BNS per due progetti. Da un lato esso dovrebbe far partire con 15 milioni il fondo per la formazione e il perfezionamento professionale oggetto di una nostra iniziativa popolare consegnata alla Cancelleria dello Stato proprio in quel periodo. Dall’altro esso dovrebbe poter finanziare con 100 milioni un fondo straordinario per lo sviluppo locale gestito con il modello del patto territoriale, che nel sistema europeo è l’accordo tra soggetti pubblici e privati (enti locali, regioni di montagna, imprenditori o organizzazioni di imprenditori, sindacati ecc.) per l’individuazione e la realizzazione coordinata di interventi per la promozione dello sviluppo locale. Un meccanismo quindi radicato nel tessuto sociale, che mette in connessione enti pubblici, imprese e rappresentanti dei lavoratori, diverso dagli incentivi pubblici attualmente conosciuti (promovimento economico, LIM ecc.).

Durante il dibattito parlamentare dello scorso dicembre sulla proposta governativa relativa alla contabilizzazione dei 557 milioni, la “maggioranza casuale”, ben lungi dal trovare il consenso sul pacchetto di misure da finanziare, ha almeno trovato un accordo sulla procedura. Sarà la Commissione della Gestione o una sua sottocommissione a tentare di “cucire” l’accordo politico su questo tema. Troppo tempo è però purtroppo stato perso da chi ci accompagna in questa difficile missione nello sventolio inutile di bandiere, in proclami e slogan infruttuosi. E’ urgente rimboccarsi le maniche e tradurre le idee, quelle buone s’intende, in veri progetti. Senza questo lavoro, che per quanto ci riguarda abbiamo terminato da un bel pezzo, tutto il gran CAN CAN fatto attorno all’oro ed al suo uso arrischia di finire in una gigantesca bolla di sapone.

A complicare ulteriormente la cosa giunge anche l’annunciato referendum contro il decreto votato dal Parlamento a dicembre che stabilisce come i 557 milioni vanno contabilizzati. Un referendum inutile, perché il nocciolo della questione “oro BNS” non è contabile, ma politico. Ai cittadini poco importa se parte della cospicua somma (280 milioni) verrà contabilizzata come ammortamento straordinario o se rimarrà nel Consuntivo 2005 come avanzo d’esercizio. Essi si interessano a come le forze politiche intendono usare parte di questo capitale, a quali progetti hanno in mente; tutte cose che il referendum sulla contabilità dell’oro non affronta e non risolve.

Date queste premesse non dobbiamo nascondere il fatto che la straordinaria occasione costituita dall’arrivo in Ticino dei 557 milioni potrebbe essere sprecata o persa a causa dell’inconcludenza di chi usa il proprio tempo per riempire i giornali di grandi idee dietro le quali non ci sono progetti concreti e a causa di chi ha deciso di portare il popolo a votare su un aspetto della questione del tutto marginale. Se così sarà, ed io non me lo auguro di certo, ognuno si assumerà le proprie responsabilità verso i cittadini, per non aver saputo evitare anche in questo caso un pasticcio politico di cui, con un po’ di buona voglia da parte di tutti, possiamo ancora tentare di fare a meno.

Referendum sull’oro BNS

Pubblicato sul Corriere del Ticino, gennaio 2006

Ho letto con interesse l’articolo in tema di referendum sull’oro BNS di Giuseppe Sergi apparso sabato 21 gennaio sul CdT, ma a parte la lezione di stile indirizzata al sottoscritto, non vi ho trovato gli argomenti a sostegno della necessità di chiamare alle urne i ticinesi per decidere come contabilizzare i 557 milioni provenienti dalla Banca Nazionale. A meno che ci si metta a raccogliere le 7’000 firme necessarie solo per dar contro al “masoniano Giovanni Galli” e alla sua personale lettura della vicenda proposta ai lettori del Corriere del Ticino. Un po’ pochino come giustificazione.

La cosa ha oltretutto un aspetto paradossale, perché è noto che proprio Marina Masoni era inizialmente tra i contrari al decreto attaccato da Sergi e Bignasca, tra coloro che spingevano per non fare assolutamente nulla e lasciare che l’entrata straordinaria producesse un avanzo d’esercizio nei consuntivi 2005. Probabilmente, restata in minoranza, si è adeguata alla maggioranza governativa, ma è curioso notare che quanto essa voleva è esattamente la situazione che si produrrà se Sergi dovesse riuscire a raccogliere le firme ed il NO dovesse spuntarla.

Contrariamente a quanto sostiene il maestro della modestia e della moderazione, non credo che questo referendum debba essere fonte di preoccupazione. Sarà supponenza, non so, ma continuo nel mio piccolo a ritenerlo inutile e fuorviante, perché non mi pare risolva la questione centrale di come usare almeno una parte di questa ingente entrata straordinaria.

Su una cosa Sergi ha ragione: su questo dossier fino ad oggi non si è fatto nessun passo avanti. Era la tesi che tentavo di sostenere nell’articolo che gli ha mandato la mosca al naso, ma forse, preso dall’impeto di censurare la mia presunta sicumera, si è distratto un attimo e non ha colto la cosa. Peccato.

Fino ad ora su questo tema, purtroppo, non ci sono stati ne incontri specifici, né accordi, né trattative, proprio perché molti dei favorevoli all’uso di parte dei proventi dell’oro non hanno presentato nulla di più che slogans e quantificazioni. Dico purtroppo, perché noi siamo tra quelli che da tempo spingono per arrivare ad un pacchetto di misure condivise, che possa trovare sufficiente sostegno in Parlamento. In questo dibattito, ancora tutto da fare e nuovamente protratto per almeno 4 mesi a seguito del lancio del referendum, non so se le nostre proposte (fondo per la formazione ed il perfezionamento professionale e fondo per lo sviluppo locale gestito con il modello del patto territoriale) siano le migliori, ma quanto meno indicano obiettivi, modalità, necessità finanziarie. Attendiamo con interesse obiettivi, modalità e necessità finanziarie delle proposte degli altri, MPS compreso, e poi ne parleremo con calma.

Se ho turbato la sensibilità di qualcuno con i miei modi me ne scuso. Non intendevo affatto essere presuntuoso o sostenere che il PS fosse l’unico partito ad avere soluzioni intasca su questo tema. Non pensavo però di ricevere lezioni di modestia da chi non molto tempo fa aveva sostenuto in conferenza stampa “vinceremo a mani basse” a proposito dell’iniziativa “I soldi ci sono”.

Affermazioni calunniose

Pubblicato sulla Regione, gennaio 2006

Nell’edizione di ieri di Opinione liberale, reagendo scompostamente alla crisi politica che vede al centro la Consigliera di Stato Marina Masoni, il capogruppo del partito di maggioranza relativa si è lasciato andare a gravi affermazioni calunniose sul conto del collaboratore personale di Patrizia Pesenti, accusato di aver giocato un ruolo in ciò che egli ha definito “strumentalizzazioni intorno al fisco ticinese” e “orchestrato uso di documenti trafugati”.

La vicenda denominata “Fiscogate” ed i suoi addentellati politici è sufficientemente grave e delicata da suggerire misura e pacatezza a tutte le persone di buon senso chiamate a commentarla a vario titolo. E’ quello che per parte nostra abbiamo fatto negli scorsi giorni e che ci saremmo attesi anche dai massimi rappresentanti del PLRT. Oggi scopriamo invece che in questo povero Cantone il vecchio vizietto di tentare di difendersi spargendo a casaccio fango sugli antagonisti politici è purtroppo ancora in auge.

Il tentativo di accollare al collaboratore di Patrizia Pesenti un non ben specificato ruolo in una presunta orchestrazione di qualche complotto è ridicolo, offende i diversi media che hanno rivelato all’opinione pubblica i fatti al centro della vicenda, offende i cittadini e la loro capacità di giudizio su questa storia, ma soprattutto ci indigna come forza politica in qualche modo coinvolta.

Se Dell’Ambrogio avesse avuto dei fatti da rivelare a sostegno delle sue calunniose farneticazioni le avrebbe tirate fuori da tempo, senza penosi giri di parole inutili, senza usare quell’untuoso gergo da sacrestia con il quale si dice e non si dice. Ma siccome dietro il fumo non c’è un bel niente, la sua posizione politica ed il momento scelto per sciorinare queste povere illazioni si traducono in un maldestro tentativo di aggressione gratuita alla sinistra per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla vicenda che vede da giorni al centro la signora Masoni.

L’indignazione verso l’uscita di Dell’Ambrogio, tipica di quella cultura del sospetto che negli scorsi giorni il PLRT ha apertamente denunciato, interpella direttamente anche il partito di maggioranza relativa. Dal capogruppo liberale e dall’organo ufficiale del “partitone” ci si poteva attendere qualcosa di meno pietoso delle infondate e generiche paranoie da Grande fratello che abbiamo purtroppo dovuto leggere.

Ora credo sia giusto pretendere da Dell’Ambrogio un’immediata pubblica ritrattazione oltre che le scuse personali a Michele De Lauretis. Se nei momenti delicati Dell’Ambrogio non è capace di padroneggiare i propri impulsi primari, forse sarebbe utile lasciare che siano altri ad esprimersi a nome del partito, nel proprio interesse e nell’interesse di chi intende rappresentare.