Che Alex Farinelli (e non solo lui) stia facendo di tutto per ingraziarsi gli insegnanti in vista della prossima scadenza elettorale (cfr. laRegione del 15 febbraio) è ormai ben evidente. Fa bene a sottolineare la centralità del ruolo del docente nella scuola, perché è altrettanto evidente che senza il sostegno degli insegnanti è ben difficile ammodernare questa importante istituzione. Ma siccome le belle parole si misurano con i fatti, siccome all’ascolto deve far seguito il sentire, mi permetto di ricordare che né lui né il suo partito hanno mai sostenuto le richieste di merito venute in questi anni proprio dai docenti, a partire dalla richiesta di 20 allievi massimi per classe, nemmeno nella formula di compromesso dei 22 allievi che io avevo portato in Gran Consiglio con il sostegno del Governo. E questo senza tornare alla famosa ora-lezione in più imposta agli insegnanti ben prima del mio arrivo al DECS, quella sì una vera mazzata per la motivazione e la considerazione di chi la scuola la fa, di cui si discute ancora oggi negli incontri con i collegi docenti a cui partecipo regolarmente. Una misura pesante, accompagnata da continue misure di risparmio promosse dal suo partito, che hanno portato il Ticino ad essere il fanalino di coda nella spesa per l’educazione.
Nello stesso articolo Farinelli non perde l’occasione per lanciare due sassi, il primo contro quello che definisce il “continuo proliferare” nella scuola “di figure di appoggio di vario tipo” e il secondo contro le “prescrizioni, burocrazia e obblighi” che affliggerebbero gli insegnanti, contro le quali vi sarebbero “correttivi puntuali e da subito individuabili (oltre che da tempo individuati)”.
A proposito delle figure non docenti l’osservazione, oltre che generica, mi pare strana. I professionisti non docenti che operano nella scuola sono presenti proprio perché fanno un lavoro diverso da quello degli insegnanti, i quali normalmente a me chiedono proprio di non doversi occupare di cose che non sono direttamente connesse con le loro competenze dirette, perché non sono psicologi, assistenti sociali, ecc. È poi evidente che un lavoro di rete tra loro e le figure non docenti è comunque necessario, come accade nel sistema sanitario, dove ci si aspetta che medici, infermieri e altri professionisti lavorino assieme per sostenere e accompagnare il paziente, nella scuola per sostenere e accompagnare gli allievi nella loro crescita.
Mi piacerebbe invece sapere a cosa allude Farinelli, anche qui genericamente, quando parla di prescrizioni e obblighi per i docenti. A nessuno, me compreso, piace la burocrazia inutile, ma al contempo la scuola pubblica, che è di tutti cittadini, deve poter rendere conto di quel che fa e di come lo fa. Deve essere un sistema organizzato che rispetta dei criteri di qualità e non un luogo dove ognuno fa semplicemente quel che vuole (ciò che fortunatamente, da noi, raramente accade). Gli allievi, che sono il centro di questa istituzione, hanno diritto di poter fruire di un insegnamento analogo dappertutto, nel rispetto dell’autonomia didattica del docente, che va difesa, ma anche nel quadro di un sistema che ha obiettivi precisi e che va monitorato. Se poi ci sono davvero elementi burocratici (nel senso peggiorativo) inutili e correttivi “già da tempo individuati” invito chiunque a indicarmeli precisamente, sono il primo a voler porvi rimedio.
Pubblicato sulla Regione, febbraio 2019