Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

Cassa malati pubblica: perché federale e non cantonale?

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Pubblicato sulla Regione, febbraio 2007

Il Gran Consiglio si è pronunciato sull’iniziativa popolare della Lega dei ticinesi sulla cassa malati pubblica cantonale, mentre il popolo sarà chiamato l’11 marzo a votare sul progetto di cassa malati unica federale con premi proporzionali al reddito. Perché il primo progetto, caduto già solo per ragioni giuridiche, non risolve nulla mentre il secondo è da sostenere?

L’istituzione di una cassa malati cantonale non avrebbe permesso di fare passi avanti nella soluzione del problema dei costi sanitari, perché qualora essa fosse stata istituita sarebbe divenuta una tra le tante casse ammesse dall’attuale sistema LAMal.

In concorrenza con le altre 87 casse, avrebbe dovuto, per ragioni economiche, funzionare più o meno allo stesso modo, senza poter scegliere i suoi clienti, come non lo può fare nessuna cassa. Una cassa in più, non diversa da quanto offre già oggi il mercato. Se poi, per assurdo, fosse stato possibile per il Cantone finanziare questa cassa annualmente con un certo importo, questi soldi sarebbero andati a favore di tutti i premi dei suoi assicurati, ricchi e poveri, costituendo di fatto un esempio da manuale della politica dell’innaffiatoio. Facendo un passo ancora più in là, se per foraggiare la cassa cantonale si fossero usati parte dei finanziamenti oggi destinati ai sussidi dei premi di cassa malattia, si sarebbe giunti al paradosso di togliere a chi ha meno per spargere soldi ai quattro venti senza criterio.

La cassa malati unica federale con premi proporzionali al reddito è invece ben altra cosa.

Innanzitutto sostituirebbe tutte le casse malattia esistenti per quanto riguarda l’assicurazione di base, lasciando ai privati, come accade già oggi, il settore delle complementari. questa cassa, unica, pubblica e sociale, garantirebbe l’accesso di tutta la popolazione all’offerta medica attuale di cui dispone la Svizzera, evitando la pericolosa deriva verso una medicina a due velocità.

Secondariamente la cassa unica avrebbe anche un ruolo centrale nella determinazione e nel controllo dei costi sanitari, poiché è evidente che un “colosso” del genere avrebbe una forza contrattuale nei confronti dei prestatori di cure (medici, ospedali ecc.) e verso l’industria farmaceutica che gli permetterebbe di agire concretamente in favore degli assicurati.

Oltre a ciò si avrebbe la certezza che i premi pagati andrebbero a coprire i costi effettivi legati alla salute e non a finanziare le attuali costose campagne pubblicitarie e spese amministrative delle tante casse private impegnate oogni anno a rubarsi i clienti l’una con l’altra per poi ribaltare sui premi il costo di questo marketing (almeno 300 milioni all’anno). Il nuovo sistema farebbe anche sparire la necessità per le casse private di costituire riserve legali obbligatorie a spese degli assicurati, che oggi ammontano a parecchi miliardi, con un sicuro effetto positivo sui premi.

In terzo luogo, il sistema della cassa unica potrebbe anche portare alla definizione per legge delle tariffe, uscendo dall’attuale opacità in questo settore, cosa che è del tutto normale per l’AVS, per l’AI, per l’assicurazione disoccupazione, dove è il legislatore a fissare le regole sul finanziamento ed il popolo può pronunciarsi, tramite i diritti popolari, su questa questione cruciale. Verrebbe così abbandonato il modello tipico del sistema privatistico fondato sulla garanzia della copertura dei costi, un modello che evidentemente non incita le casse malati a risparmiare, poiché alla fine dell’anno c’è sempre e comunque la possibilità di chiedere all’UFAS il nulla osta per un aumento dei premi, che per legge questo ufficio non può negare qualora esse dimostrino che i costi sono saliti.

La Svizzera è il solo Paese europeo che conosce un sistema sanitario dove tutti, ricchi e poveri, pagano lo stesso premio. Una situazione ingiusta, medioevale, che obbliga un terzo dei cittadini a ricorrere allo Stato per farsi sussidiare il pagamento di un onere che lo stesso Stato obbliga a pagare. Questo sistema perverso e inutilmente burocratico deve finire. Se l’iniziativa passerà il premio identico per tutti verrà sostituito da un premio calcolato in funzione della capacità economica dell’assicurato. Il calcolo del premio verrà effettuato in modo tale che lo stesso scenderà per i redditi più modesti e per il ceto medio, i due terzi dell’intera popolazione.

Per i redditi elevati verrà fissato un premio plafonato, mentre i bambini, che notoriamente non hanno reddito, non pagheranno nulla. I contrari alla proposta sostengono che con i premi in base alla capacità finanziaria molti cittadini pagheranno più di oggi. Affermazione piuttosto temeraria, poiché sostenere questa assurdità sarebbe come sostenere che la maggioranza dei contribuenti avrebbe da guadagnare se sostituissimo il sistema attuale delle aliquote progressive per le imposte cantonali e federali con un importo fisso, uguale per tutti.

La votazione del prossimo 11 marzo è la via maestra per togliere dal collo delle famiglie svizzere il pesante giogo dei costi della cassa malati. Se è evidentemente opportuno che l’assicurazione sia obbligatoria per tutti, affinché i non assicurati non siano costretti a indebitarsi pesantemente o a vendere la casa (se ce l’hanno) in caso di necessità sanitarie importanti, è del tutto fuori posto continuare a pretendere che i premi non tengano conto della capacità finanziaria dei cittadini, come accade per l’AVS, per l’AI, per la cassa disoccupazione.

La gran parte degli elvetici avrebbe di che guadagnare da questo cambiamento, mentre solo i benestanti perderebbero uno dei loro tanti privilegi. Per questo un SI’ il prossimo 11 marzo sarebbe una riforma storica della politica sociale svizzera, paragonabile solo all’introduzione dell’AVS nel 1946 e dell’AI nel 1959.

Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

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