L’iniziativa popolare «Sgravare i salari, tassare equamente il capitale» detta anche 99%, su cui andremo a votare il 26 settembre, al di là delle tante speculazioni di proponenti e contrari chiede di introdurre un nuovo articolo nella Costituzione federale che dice semplicemente quanto segue:
1 La parte del reddito da capitale che eccede l’importo stabilito dalla legge è imponibile in ragione del 150 per cento.
2 Il gettito supplementare risultante dall’imposizione in ragione del 150 per cento invece che del 100 per cento della parte del reddito da capitale di cui al capoverso 1 è destinato alla riduzione dell’imposizione delle persone con redditi da lavoro bassi o medi o a uscite a titolo di riversamento in favore del benessere sociale.
3 La legge disciplina i particolari.
In concreto, se l’iniziativa dovesse essere approvata, il Parlamento federale, la cui maggioranza rimane conservatrice, dovrà stabilire una soglia al di là della quale il reddito da capitale (interessi, dividendi, pigioni ecc.) sarebbe fittiziamente aumentato del 50% ai fini fiscali. Poi il provento di quanto incassato con questo artificio dovrà essere destinato a ridurre la pressione fiscale per le persone con redditi da lavoro bassi o medi o per finanziare servizi in favore del benessere sociale.
Se ad esempio il reddito soglia fosse fissato a un milione, il reddito da capitale (che per comodità indicheremo nel 5%) di un patrimonio di 10 milioni porterebbe a tassare fr. 725’000.- invece di fr. 500’000.-. La differenza di gettito ottenuta da questa imposizione addizionale andrebbe a sgravare le imposte sui salari dei ceti modesti e del ceto medio, nonché a finanziare servizi che usiamo tutti.
E’ davvero un’iniziativa scandalosa come affermano in molti? A me non pare proprio. Nel nostro Paese vi sono moltissime risorse finanziarie, ma la loro distribuzione è largamente iniqua. Non voglio entrare qui nel dibattito sul perché si è giunti a questa grande differenza di disponibilità, il discorso sarebbe molto lungo, ma credo che sia giusto porsi il quesito sulla proporzionalità del contributo alla collettività che devono dare i piccoli e i grandi redditi, distinguendo anche dai redditi del lavoro da quelli del capitale. In fondo il nostro sistema fiscale vive di distinguo e proporzionalità, almeno se parliamo delle imposte dirette, per cui un’estensione di questo ragionamento mi pare tutt’altro che illegittima o fuori posto.
E’ evidente che l’iniziativa colpisce i redditi da capitale, non quelli del lavoro. Oggi i primi sono generalmente meno tassati e non mi pare ci sia nulla di riprovevole a proporre che anche queste risorse vengano sottoposte ad una corretta imposizione. Soprattutto se il risultato favorirà la fiscalità sui salari modesti e del ceto medio, oppure andrà a finanziare servizi essenziali che servono a tutta la collettività.
L’idea che i benestanti debbano continuamente essere sgravati dalle imposte e che le collettività pubbliche debbano farsi la guerra al ribasso per ‘accaparrarsi’ i buoni contribuenti è fondamentalmente sbagliata. Per le imprese, che hanno tirato davvero troppo la corda arrivando in certi casi a non pagare quasi nulla, questo fenomeno di ‘dumping’ fiscale ha finalmente prodotto la decisione di imporre a tutti i Paesi un’aliquota complessiva sugli utili del 15%, a partire da quelli dei colossi mondiali che hanno sempre approfittato delle differenze nazionali per sfuggire massicciamente al fisco.
Nessuna società può fare a meno di servizi funzionanti e di infrastrutture pubbliche, le quali costano e vanno finanziate soprattutto da chi ha grandi disponibilità. E’ un principio semplice, giusto, proporzionato, che fa l’interesse generale. Per questo l’iniziativa non è sbagliata e merita di essere guardata con simpatia.
Settembre 2021