Questo il testo del mio intervento al Comitato cantonale PS del 28 marzo 2013 a Mendrisio
Care compagne, cari compagni,
avrete letto nei giorni scorsi che il messaggio con il quale il governo, su proposta del mio Dipartimento, chiede di ridurre il numero di allievi per classe nelle scuole elementari e medie si è, per usare un eufemismo, inceppato. Strano, mi si dirà, soprattutto se si considerano gli impegni a favore della scuola presi un po’ da tutti prima delle scorse elezioni.
Cosa è successo allora nella Commissione scolastica? Come mai, dopo un’ampia consultazione chiusa ad agosto e che ha visto un complessivo consenso dei Comuni, fatto raro nell’eterno confronto fra Cantone ed enti locali, la Scolastica impiega quattro mesi per non decidere quando per allestire un rapporto sui preventivi dello Stato per oltre tre miliardi alla Gestione bastano poche settimane?
Il leitmotiv è sempre lo stesso: bisogna approfondire. Una foglia di fico che nasconde malamente la triste verità: ai nostri progetti si fanno sempre le pulci fino in fondo, si chiedono garanzie infinite, anche quando di fondo si è tutti d’accordo per migliorare le cose, in questo caso per un’istituzione fondamentale come la scuola dell’obbligo, oltretutto con una spesa adeguata e del tutto sopportabile. Rigore che, ad esempio, quando si parla di pacchetti fiscali e si spendono multipli di quanto previsto per la riforma scolastica improvvisamente scompare.
Ancora una volta la storia si ripete. Quella storia che ha visto anni fa penare Pietro Martinelli sulla riforma che ha introdotto gli assegni familiari, poi divenuti patrimonio di tutti. Quella storia che ha visto Patrizia Pesenti dover insistere a lungo per il divieto del fumo negli esercizi pubblici, oggi ritenuta una cosa normale e salutare.
Per fortuna alla fine la storia va avanti, per decisioni consensuali o popolari, malgrado il persistere di un certo modo di far politica vecchio e controproducente, che bada più a chi è all’origine di una proposta che al suo valore in termini di bene comune e che dovrebbe un giorno o l’altro finire nella soffitta del vecchiume politico.
Care compagne, cari compagni, a pochi giorni dal giro di boa della legislatura la storia si ripete anche su un altro fronte sempre caldo, quello della politica finanziaria. Ieri il Consiglio di Stato ha presentato l’aggiornamento del programma di legislatura e del piano finanziario, del quale io non ho condiviso la parte che abbozza la manovra di rientro per circa 200 milioni entro il 2015, di cui 95 sarebbero stati trovati, essenzialmente sul fronte del rallentamento delle spese, e un centinaio sarebbero ancora da individuare.
Intendiamoci, finanze sane sono la base per fare politica correttamente, ma la politica finanziaria deve anch’essa proporre soluzioni e percorsi realistici. Sappiamo che i piani finanziari sono fotografie di massima, di indirizzi generali, ma sappiamo anche che i programmi di rientro finanziari devono essere fattibili e credibili per avere speranza di essere perseguiti. Soprattutto se teniamo conto del fatto che le decisioni politiche importanti vengono prese a preventivo e che da anni i consuntivi migliorano i preventivi mediamente di 90-100 milioni.
Per questo, per ragioni di credibilità, non ho condiviso l’indicazione inerente ai 200 milioni di rientro. Una parte delle misure già individuate, per poco più di 60 milioni sulla tendenza, sono probabilmente fattibili, anche se tutt’altro che facili, come ci dimostrerà il dibattito sui singoli provvedimenti che si terrà nei prossimi mesi. La necessità di rivedere le stime immobiliari, vergognosamente mantenute basse da anni per decine di miliardi (siamo a valori drogati attorno a 1/3 del valore vero), malgrado la prudenza espressa dal Governo produrrà certamente degli effetti finanziari positivi, permettendoci di rinunciare a misure dolorose, ristabilendo oltretutto e soprattutto un minimo di giustizia in questo ambito.
Il resto, gli ulteriori 100 milioni da trovare, appartengono al campo delle cose poco reali, finanziariamente e politicamente. Sono figli di una non scelta, quella che ha visto il nostro Cantone doversi addossare un importo annuo simile per il finanziamento delle cliniche private senza trovare fonti di introito alternative. E siccome noi siamo gente pratica, è giusto che si ribadisca subito che la politica finanziaria non può rimettere in discussione servizi e prestazioni fondamentali per la cittadinanza.
In questo senso è importante che tutti noi si sia concordi, pur nella diversità dei ruoli, di lavorare in questa direzione, seguendo il motto che da sempre ci accompagna: collaborativi – e costruttivi – quando è possibile, intransigenti quando è necessario. E oggi è necessario dire forte e chiaro, per trasparenza e con senso di responsabilità, che il risanamento finanziario dovrà essere adeguato alle necessità e distribuito su tutti, secondo il principio della simmetria dei sacrifici, che è l’unico che in passato ha dato risultati concreti.
Vi ringrazio per l’attenzione.