Pubblicato sulla Regione, ottobre 2010
Puntuale come l’influenza di stagione, anche quest’anno è giunto l’annuncio dell’aumento dei premi di cassa malattia per il prossimo anno. La situazione diventa sempre più insostenibile, la politica nazionale non riesce a trovare accordi su riforme di un certo rilievo, lo scaricabarile tra Dipartimento federale degli interni, Cantoni, casse malati, fornitori di prestazioni continua ed i pazienti assicurati rimangono a guardare.
Uno dei nodi della politica della salute svizzera è quello della mancanza di un attore forte che possa dirigere con sufficiente peso il sistema sanitario nazionale e controllarne i costi, ammesso che oggi si possa dire che la Svizzera disponga davvero di un sistema sanitario, sparpagliato in 26 Cantoni.
Sui costi, il primo attore, la Confederazione e per essa il Dipartimento di Burkhalter, oggi si limita a verificare annualmente se quelli pronosticati per l’anno successivo dagli assicuratori malattia non siano eccessivi, ed i risultati di questi controlli, come abbiamo visto settimana scorsa, sono nella migliore delle ipotesi deludenti. I Cantoni, il secondo attore, agiscono con le pianificazioni ospedaliere sull’offerta in questo settore, ma non hanno voce in capitolo sui costi dei premi, tanto che, come abbiamo visto sempre settimana scorsa, paradossalmente non è affatto detto che un’azione nella giusta direzione sia poi premiata con un contenimento dei premi o almeno del loro aumento. Le casse malati, il terzo soggetto, si limitano a presentare i loro conti e le previsioni di incremento dei premi, sapendo bene che, salvo eccessi manifesti, essi vengono autorizzati, senza alcun incentivo al loro contenimento. I fornitori di prestazioni, il quarto attore, dal canto loro, non si preoccupano più di tanto dei costi, naturalmente nel sacro nome del bene dei pazienti, e fatturano, tanto qualcuno prima o poi paga. Infine l’ultimo soggetto, i pazienti, in parte non si fanno problemi a consumare molta sanità, anche a riguardo del costo dei premi, secondo il motto “già che pago molto, consumo”.
E così i premi esplodono. Questo cerchio infernale potrà essere spezzato solo a condizione di dare a qualcuno il potere di prendere decisioni incisive. Per questo l’istituzione di una cassa malati unica federale oggi si presenta come una necessità imprescindibile. Senza questo strumento il sistema non farà che peggiorare, giungendo ad un punto di rottura che potrebbe anche rimettere in discussione uno dei principi cardini della LAMal, ovvero la copertura sanitaria per tutti.
Presto verrà lanciata una nuova iniziativa popolare per la cassa malati unica, idea che finora in Svizzera, purtroppo, non ha raccolto grandi adesioni. L’11 marzo 2007, quando un progetto in questa direzione andò in votazione, esso raccolse solo il 29% dei consensi, il SI’ di un paio di Cantoni e purtroppo il No del Ticino, che votò NO al 54%.
Se ben gestita, la cassa unica federale avrebbe il peso per imporre tariffe corrette, per discutere anche con le case farmaceutiche o i fornitori di apparecchi sanitari costosi sui loro prezzi, per pianificare volumi di prestazioni adeguati e razionalizzazioni del sistema sanitario doverose. Accanto a ciò si avrebbe, finalmente, una trasparenza vera dei costi e degli eventuali sprechi. Un’alternativa possibile alla cassa unica federale sono alcune casse regionali, quattro o cinque per macroregioni della Svizzera, a condizione di agire come per il progetto di cassa unica federale in regime di monopolio. Senza il monopolio, come era il caso per esempio con la cassa cantonale proposta qualche anno fa dalla Lega, le cose non cambierebbero, perché si tratterebbe solo di aggiungere ulteriori casse a quelle esistenti, che oltretutto la legge federale impedisce di sovvenzionare direttamente.
Il nodo dell’attore di peso, quindi della cassa malati unica federale, non è l’unico nodo rilevante della politica sanitaria. Tra gli altri, rimane anche quello, molto importante, dei premi uguali per tutti, che oggi ha per conseguenza di creare decine di migliaia di “assistiti”, obbligando una fetta di tutto rispetto della popolazione a chiedere sussidi pubblici per pagare un tributo obbligatorio per legge. Su questo punto di recente il Ticino ha fatto dei passi avanti, adottando un nuovo meccanismo per l’erogazione di questi aiuti che entrerà in vigore nel 2012 senza tagli grazie ad un’iniziativa popolare socialista, ma reperire i mezzi finanziari per finanziare i sussidi non è politicamente facile. Nel settembre del 2009 proposi, a nome del PS, per il 2010 un aggiustamento dei sussidi minimi e per il 2011 il ripristino dei limiti di reddito imponibile in vigore fino al 2005 (fr. 34’000.- per le famiglie e fr. 22’000.- per i singles). Il Gran Consiglio diede il suo assenso solo alla prima proposta, mentre, in barba agli annunci roboanti di PPD e Lega, bocciò la seconda, che venne sostenuta solo dal PS, dai Verdi, da Guidicelli (PPD), Seo Arigoni e Martignoni (indipendenti). Il risultato concreto di questo voto è che per il prossimo anno, a fronte degli aumenti dei premi che conosciamo, i parametri per i sussidi rimarranno fermi, perché agire oggi è troppo tardi, visto che la macchina dei sussidi 2011 si è già avviata e un loro ricalcolo a dicembre o peggio ancora a gennaio del prossimo anno (quasi 100’000 incarti) produrrebbe un lavoro amministrativo molto rilevante e costoso.