Dal 2012 entreranno in vigore due novità importanti per il settore ospedaliero.
Innanzitutto il parametro usato oggi nelle pianificazioni ospedaliere cantonali per le cure acute, il numero massimo di letti d’ospedale autorizzati, e quindi le conseguenti giornate di cura massime annue, sarà modificato a favore del parametro del numero massimo di prestazioni sanitarie annue. Per capirci, l’ospedale X non avrà quindi più a disposizione 100 letti autorizzati a carico della cassa malati, ovvero 3650 giornate di cura massime all’anno, ma l’equivalente espresso in un numero di prestazioni massime (xxx appendiciti, xxx operazioni ortopediche, xxx interventi di medicina interna ecc.).
La seconda novità prevede che anche le cliniche private saranno finanziate in parte dal Cantone (55%), come finora lo sono stati gli ospedali pubblici dell’EOC. E siccome il Ticino è l’unico Cantone con una quota di ospedali privati elevata, circa il 40%, questa seconda modifica della LAMal è importante proprio per il nostro Cantone, perché la fattura è di quelle grosse: 85 milioni all’anno.
Per gestire al meglio l’evoluzione dei costi ospedalieri, il Consiglio di Stato ha messo a punto una riforma che propone una nuova base legale fondata su due pilastri.
Il primo prevede la “traduzione” del numero massimo di letti autorizzati in numero massimo di prestazioni sanitarie nella nuova pianificazione ospedaliera, che dovrà essere pronta entro il 2015, come prevede la LAMal.
Il secondo introduce lo strumento del contratto di prestazione, che ogni ospedale, pubblico o privato, dovrà stipulare con lo Stato dal 2012 per il pagamento del famoso 55% dei costi; il resto rimarrà a carico delle casse malati nei limiti della pianificazione ospedaliera.
Il messaggio del Governo su questa applicazione della LAMal ha già incontrato i primi scogli politici. Nella Commissione della gestione il concetto fondamentale di limite massimo del volume delle prestazioni per ora ha tenuto, non così in Commissione sanitaria, chiamata anch’essa ad esprimere un parere al proposito.
Su questo terreno delicatissimo si sta consumando una battaglia politica importante, per ora ancora non percepita a sufficenza dalla popolazione. Di mezzo vi sono parecchi soldi pubblici, in parte erogati direttamente dal Cantone, in parte erogati dale casse malati, alle quali tutti siamo assicurati obbligatoriamente.
Rinunciare a definire il volume massimo delle prestazioni nella pianificazione ospedaliera, come chiedono le cliniche private, equivale a rinunciare a tale pianificazione, riportandoci indietro di almeno 10 anni. Limitarsi a definire volumi massimi nei soli contratti di prestazione non basta, perché questi contratti regoleranno solo i rapporti tra ospedali e Cantone per il pagamento del 55% dei costi, ma non riguarderanno il resto delle fatture, quelle a carico delle casse malati, che senza alcun limite nella pianificazione porteranno ad un’esplosione dei premi dell’assicurazione malattia, già particolarmente alti in Ticino e pagati dagli assicurati.
Per questa ragione è fondamentale che il tentativo di far saltare il volume massimo delle prestazioni nella pianificazione ospedaliera non vada a buon fine. Dovesse succedere faremmo un grave passo falso nel difficile compito di gestire con cura l’evoluzione dei costi della sanità, con conseguenze catastrofiche per le casse cantonali e per i premi di cassa malattia. Poi, quando il danno sarà fatto, non servirà a nulla piangersi addosso.
Fissare dei massimi ai volumi delle prestazioni non significa affatto rischiare di dover mandare qualcuno a curarsi fuori Cantone, come qualcuno asserisce a torto. La pianificazione attuale, espressa in numero massimo di letti, non ha mai registrato casi di persone obbligate ad andare oltralpe perché non si è trovato un posto in ospedale, per cui nulla permette di dire che con il nuovo parametro le cose saranno diverse.
L’ingombrante dossier arriverà in Gran Consiglio il 15 marzo prossimo. A dieci anni dal voto sul finanziamento pubblico delle scuole private, finito come sappiamo, questa volta è sugli ospedali che bisognerà vegliare con cura, perché anche qui di mezzo c’è molto denaro pubblico a favore del settore privato. Il partenariato tra pubblico e privato nell’ambito ospedaliero è senz’altro possibile, la LAMal lo prevede espressamente, ma funziona solo a chiare condizioni. E la necessità di avere una pianificazione chiara, con i volumi massimi delle prestazioni espressi ospedale per ospedale è una di esse.
Apparso su “LaRegione Ticino” del 24 febbraio 2011