Pubblicato sulla Regione, aprile 2006
Per una serie di coincidenze, la cronaca politica cantonale ha portato alla ribalta con forza la questione dei limiti dei diritti popolari (iniziative e referendum). In ben tre casi (iniziativa popolare sulla cassa malati cantonale, iniziativa popolare contro l’inceneritore di Giubiasco e referendum contro il metanodotto del Sopraceneri) il dibattito, prima che politico, si è bloccato su questioni giuridiche legate alla ricevibilità o alla proponibilità di questi atti popolari.
Il discorso è delicato, perché di mezzo vi sono i fondamenti della nostra democrazia.
Impedire al popolo di votare fondandosi su argomentazioni giuridiche non è mai facile, perché si può dare l’impressione di cercare scorciatoie per evitare il confronto con l’opinione pubblica. D’altra parte mettere in votazione norme cantonali che contrastano con norme federali non è giusto, sia perché irrispettoso delle regole del nostro ordinamento, ma soprattutto perché si potrebbe arrivare al paradosso di non poter poi dar seguito al voto dei cittadini. Se, per esempio, venisse messa in votazione in Ticino un’iniziativa che stabilisca che i ticinesi non devono fare il servizio militare ed essa ottenesse il sostegno popolare, molto difficilmente essa potrebbe essere attuata, poiché in palese contrasto con gli obblighi legali del nostro Cantone verso la Confederazione.
Saggiamente il Tribunale federale, che si è pronunciato spesso su queste questioni, ha sempre privilegiato, quando possibile, il voto popolare. Tuttavia i casi di atti popolari dichiarati irricevibili dall’Alta Corte losannese non sono pochi, a testimonianza del fatto che anche in questo campo vi sono dei limiti invalicabili e che non sempre è possibile salvare una proposta dei cittadini in palese “fuori gioco”.
L’atteggiamento di chi dice “è il popolo che deve decidere in ogni caso” è a mio avviso sbagliato e pericoloso per almeno tre ragioni.
Innanzitutto perché, se le decisioni popolari vanno rispettate, cosa di cui sono profondamente convinto, vanno rispettati anche i limiti dei diritti popolari, decisi proprio dal popolo con l’approvazione a suo tempo della Costituzione cantonale nella quale essi sono ben descritti.
In secondo luogo perché, senza il rispetto di minime regole condivise, il dibattito politico arrischierebbe di degenerare in un pantano demagogico all’italiana, dove il confronto su tesi e argomenti contrapposti sembra ormai aver lasciato il posto al discreditamento ed ai veleni.
Infine perché a far le spese di questo atteggiamento potrebbero essere proprio i diritti popolari, che arrischierebbero fortemente di uscire a pezzi da un confronto non sereno sui loro limiti, come accade ai figli di chi divorzia in maniera poco civile, litigando su tutto quel che c’è da contendere.
A partire da queste considerazioni ed astraendo forzatamente da tutte le opinioni di merito sui tre oggetti menzionati sopra, mi permetto di esprimere il mio personale giudizio sui problemi di ricevibilità e proponibilità che essi pongono. Lo faccio senza alcun calcolo di convenienza politica, che semmai mi indurrebbe a star zitto, ma unicamente perché credo che sia doveroso valutare con la maggior oggettività possibile la questione del rispetto di regole tanto essenziali per il nostro sistema politico.
Quanto all’iniziativa popolare leghista sulla cassa malati cantonale, che politicamente non condivido, credo che la proposta della Commissione della gestione di dichiararla totalmente irricevibile sia eccessiva. Il Tribunale federale si è già parzialmente pronunciato su questo oggetto, decidendo di dichiararne improponibile una parte (quella che definisce il costo massimo dei premi mensili), ma giungendo alla conclusione che pur amputata di questa parte essa possa, a certe condizioni, essere posta in votazione. Dalla lettura dei documenti ho tratto la personale convinzione che le condizioni poste dal TF per eventualmente ribadire l’irricevibilità totale non siano date, anche se sarebbe utile che su questo aspetto si pronunci il Governo, che finora sul tema è stato silente.
Quanto all’iniziativa sull’inceneritore, a mio parere la perizia indipendente del prof. Grisel è molto chiara sull’improponibilità del principio della moratoria, soprattutto perché esso sarebbe in contrasto con il diritto federale. Gli altri due punti dell’iniziativa non pongono problemi di alcun genere, anche se ripetono principi già esistenti nell’ordinamento giuridico. Per queste ragioni credo che su questo tema sarebbe corretto se il Gran Consiglio dichiarasse irricevibile il primo punto dell’iniziativa e ponesse in votazione popolare solo gli altri due. Gli iniziativisti avrebbero comunque il diritto di ricorrere contro una simile decisione al Tribunale federale, cosa che personalmente auspico, affinché la verifica giuridica su questo punto sia completa e non dia luogo a nessuna speculazione.
Infine, quanto al referendum sul metanodotto, che il PS ha sostenuto, la situazione appare molto ingarbugliata. L’iter referendario ha seguito finora i suoi passi canonici e si dovranno attendere le decisioni del Governo per sapere chi dovrà far valere davanti al Tribunale federale le proprie ragioni, se i referendisti a fronte di una decisione di stop alla votazione popolare, o i promotori dell’opera a fronte di una decisione di chiamata alle urne. In ogni caso credo che una verifica giudiziaria davanti all’Alta Corte debba essere fatta, anche qui a scanso di polemiche inutili.
Nel merito delle scelte, in democrazia tutte le tesi possono essere difese, anche le più astruse, come quando si commentano le partite di calcio. Ma sul rispetto delle regole è necessaria una minima condivisione, perché non si sta discutendo su chi ha giocato meglio, ma su quanto deve essere lungo il terreno da gioco e sul numero di giocatori in campo.
La coincidenza che ha portato in primo piano la questione dei limiti dei diritti popolari è a mio avviso una buona occasione per sapere se in Ticino la classe politica, notoriamente litigiosa, ha la capacità di raggiungere almeno questo minimo livello di condivisione sulle regole essenziali. Se così sarà, come lo spero, essa avrà dato un segno di maturità, nell’interesse di tutti. Se le cose andranno altrimenti, saremo a mio avviso confrontati ad un nuovo preoccupante segno di decadenza della cultura politica cantonale, fatto che nel medio periodo non lascia presagire nulla di buono.