Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

Il nodo dell’apertura economica

I

Il prossimo 9 febbraio voteremo su un’iniziativa popolare che chiede che il numero di permessi di dimora per stranieri sia limitato da tetti massimi e contingenti annuali “stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri” (testo dell’iniziativa).
L’economia svizzera, che si suppone curi almeno in maniera sufficiente i propri interessi, quelli che l’iniziativa intenderebbe difendere, ha già fatto sapere di essere contraria alla proposta, proprio per salvaguardare meglio la nostra piazza economica. Non è certo una sorpresa, considerato come l’apertura dei mercati abbia prodotto complessivamente effetti economici positivi nel nostro Paese. Anche il Ticino ha visto crescere in maniera importante i posti di lavoro, 43’000 in più tra il 2003 e il 2013 (da 187’500 a 230’600), anche se non sempre si tratta di posti di lavoro il cui bilancio complessivo per il nostro territorio risulta positivo. Una crescita che molto difficilmente un qualsiasi pacchetto di impulsi economici avrebbe potuto anche solo minimamente eguagliare, pur se, lo ripeto, non tutti gli effetti sono positivi.
Detto dell’economia e dei suoi interessi, veniamo agli interessi dei comuni cittadini. Cosa avrebbero da guadagnare o da perdere da un SI’ o da un NO il prossimo 9 febbraio?
Se restiamo al Ticino non possiamo non constatare come accanto ai 43’000 nuovi posti di lavoro vi sia stato un aumento molto importante del frontalierato, tanto che questa nuova occupazione può grossomodo suddividersi in 17’000 posti andati a residenti e 25’000 a frontalieri. I contingenti ci metterebbero al riparo da questo fenomeno? In parte probabilmente sì, nella misura in cui fosse possibile trovare manodopera residente disponibile, ma con il rischio importante di vedere partire una serie di imprese “tagliate fuori” dal proprio mercato naturale. E con esse gli impieghi. Difficilmente l’Unione europea (UE) sarebbe infatti disposta a cedere nei confronti della Svizzera su uno dei suoi principi fondanti, la libera circolazione delle persone, una delle quattro libertà su cui poggia il sistema europeo. Saltata questa salterebbero anche le altre libertà, compresa quella di esportare senza confini in Europa. Al di là del confine sarebbero ben contenti di rivedere imprese italiane riguadagnare il territorio lombardo per poter commerciare nell’UE senza restrizioni, come ci ha ricordato Roberto Maroni quando è venuto ad incontrare il Consiglio di Stato qualche mese fa.
Rispetto alla scommessa pericolosa costituita dal SI’ all’iniziativa, misure di accompagnamento della libera circolazione serie e rafforzate permetterebbero di gestire meglio la situazione dei lavoratori residenti senza rinunciare agli effetti positivi dell’apertura dei mercati. E’ quanto la sinistra ha sempre sostenuto, contro l’ipotesi isolazionista di UDC e Lega e contro l’apertura tout court sostenuta dall’economia e dalle forze di centrodestra, che hanno sempre faticato a rafforzare il diritto del lavoro nostrano. Una posizione che rimane a mio parere la più pragmatica, che chiede salari minimi seri, che chiede più contratti collettivi, che combatte efficacemente il dumping, un fenomeno che in nessun modo sarebbe limitato dai contingenti di lavoratori stranieri. Limitare l’afflusso di lavoratori dall’estero “in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri” non vuole ancora dire che gli ipotetici posti di lavoro per gli svizzeri che verrebbero offerti sarebbero interessanti e pagati adeguatamente. Se poi a seguito dell’isolazionismo economico si dovesse arrestare la congiuntura oggi complessivamente soddisfacente, figuriamoci cosa ne sarebbe dei salari.
Il nodo dell’apertura economica è complesso, non ha lati solo positivi o solo negativi e non si risolve con questa proposta pericolosa, che non mira a combattere quella parte di economia che sfrutta la libera circolazione ma si concentra genericamente sugli stranieri, in perfetto stile UDC.

Per questo voterò NO, continuando a chiedere misure d’accompagnamento più solide e coraggiose a difesa dei lavoratori residenti e dei loro diritti nel quadro di un contesto economico aperto e per questo con maggiori possibilità di sviluppo.

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