Pubblicato su Area, gennaio 2006
In tranquilla attesa delle risultanze dell’inchiesta amministrativa sul cosiddetto “Fiscogate” e, spero, della loro completa comunicazione al Gran Consiglio, qualche aspetto di questa vicenda merita già oggi un commento politico.
Non certo per avviare la campagna elettorale 2007 con 9 mesi di anticipo, come sostiene a vanvera qualcuno disperatamente a corto di argomenti, ma perché tra poco più di un mesetto si vota sui tagli nel sociale e nella scuola proposti dal Consiglio di Stato e decisi dal Parlamento nel settembre 2005.
E’ noto che la parabola governativa della ministra delle finanze è stata contraddistinta, dal 1995 ad oggi, da due scelte politiche chiare. Prima essa si è adoperata per ridurre sensibilmente la pressione fiscale, con l’effetto di favorire soprattutto i benestanti. Lo ha fatto potendo sempre contare su ampie maggioranze (PLRT, PPD, Lega, UDC) disposte a sostenerla. Poi, quando il calo delle entrate ha iniziato a farsi sentire sulla salute delle casse cantonali, ha iniziato a chiedere lacrime e sangue in nome dell’emergenza finanziaria, ma lo ha fatto solo nei confronti di una parte della popolazione, quella più debole.
Unicamente con il Preventivo 2005, a seguito del successo dei referendum votati il 16 maggio 2004, la ministra ha dovuto accettare un “fuori programma” basato sulla concordanza e la simmetria dei sacrifici, parentesi purtroppo chiusasi subito ad inizio 2005, sempre con il supporto della solita maggioranza.
I tagli su cui voteremo il 12 marzo sono delle misure del tutto unilaterali, che in nome del riassesto finanziario chiedono sacrifici ai soliti. Nessuna simmetria, come già era accaduto con il Preventivo 2004, e nessuna ricerca del consenso. Una scelta decisa, confermata ancora dalla ministra delle finanze nella sua intervista di fine anno.
Ora, con la scoperta dell’esistenza della fondazione Villalta dell’argine, si apprende che la personale guerra al fisco della signora non è solo una dottrina, ma anche una pratica di famiglia. Un fatto che ha fatto arrabbiare parecchi ticinesi, soprattutto per la sua valenza simbolica. In molti si sono chiesti con quale faccia tosta si possa venire a chiedere riduzioni di sussidi ai premi di cassa malattia, contenimenti nei settori delle case per anziani, degli istituti per invalidi, delle scuole comunali e chi più ne ha più ne metta e nel contempo avere il portafoglio di riserva fuori Cantone per pagare qualche franco in meno all’erario.
Il fatto politico ha poi innescato altre amenità collaterali, dalla sceneggiata della richiesta di dimissioni presentata da Wicht e Bignasca in pompa magna e prontamente ritrattate, alla rovinosa caduta di stile di Mauro Dell’Ambrogio che ha lasciato più d’uno senza parole.
Questo “affaire” non ha solo intaccato fortemente la credibilità politica della signora Masoni, ma arrischia di divenire una zavorra anche per la maggioranza del Governo, che l’ha sempre sostenuta nelle due fasi politiche ricordate sopra e che finora, salvo rare e sporadiche contingenze, nnon ha mai saputo distanziarsi dalla politica del risparmismo a tutto campo da lei voluta con forza.
Affinché il Consiglio di Stato abbandoni questa strada, tornando a sostenere la necessità di risanare i conti con soluzioni decisamente più equilibrate, cosa già di per sé tutt’altro che facile, è necessario che i cittadini dicano NO il 12 marzo ai tagli nel sociale, nella sanità, nella scuola. Un NO ad una politica ingiusta e miope che possa aprire la strada ad una nuova stagione del dialogo e ad un superamento di questa brutta pagina politica.