Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

Ospedali: va in scena lo scontro ideologico

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In risposta all’editoriale del Corriere del Ticino del 4 marzo 2011, apparso sul giornale il 7 marzo 2011

In un editoriale pubblicato sul Corriere del Ticino di venerdì 4 marzo, il vicedirettore Fabio Pontiggia, dopo aver affermato che il confronto sui limiti quantitativi nella pianificazione ospedaliera avverrebbe ad opera dei politici sopra le teste dei cittadini disorientati e sconcertati, scende anch’egli in campo per contribuire a questo dibattito, ma con argomenti che aumentano la confusione invece di ridurla.

Non credo affatto che discutere in pubblico di gestione oculata dei costi sanitari sia disdicevole, penso anzi che sia vero il contrario, cioè che sia disdicevole farlo nelle segrete stanze, come magari qualcuno si illude ancora di poter fare. L’importante è però che il confronto avvenga sulla base di argomenti reali e non sulla base di impostazioni caricaturali, come quella che propone anche Pontiggia, contribuendo ad aumentare il disorientamento e lo sconcerto che, a parole, vorrebbe si lasciasse da parte nell’interesse di tutti.

Alcuni rilievi sul suo articolo.

Dice Pontiggia: la Legge federale non prevede lo strumento pianificatorio dei volumi massimi delle prestazioni.
Non concordo. La Legge federale prevede che i Cantoni pianifichino l’offerta sanitaria sulla base di un fabbisogno, il che necessariamente si estende sia al “cosa”, cioè a quali tipologie di prestazioni erogare (oncologia, ortopedia, cardiologia, medicina interna, pediatria ecc.) come al “quanto”, cioè quante operazioni al cuore, quante agli arti ecc.. A meno di sostenere che da noi alcune patologie siano assenti, quindi non contemplabili nel fabbisogno del “cosa”, tesi del tutto insostenibile. È ovvio che la risposta ad un fabbisogno tramite un’offerta include un elemento quantitativo, del resto già presente nella pianificazione attuale, sebbene espresso con un parametro diverso (letti ospedalieri autorizzati e conseguenti giornate massime di cura autorizzate a carico della LAMal). Si può girare la legge come si vuole, ma la si deve interpretare in buona fede, non come conviene.

Dice Pontiggia: se, con i limiti massimi, un ospedale esaurisse il suo “contingente” di prestazioni autorizzato bisognerà rinviare l’intervento al paziente all’anno successivo.
Ma stiamo scherzando? La Legge federale prevede che l’offerta sia commisurata ad un fabbisogno, quindi che si tenga conto di quanti interventi usualmente avvengono nel nostro Cantone in un determinato ambito. Se, ad esempio, ogni anno si facessero da anni circa 1000 operazioni di appendicite, il limite sarà fissato verosimilmente a 1200 prestazioni, divise per i vari ospedali pubblici e privati autorizzati a compiere questi interventi. Già oggi il limite espresso in letti ospedalieri e giornate di cura non permette di superare un certo quantitativo di offerta sanitaria e ciò è accaduto senza che nessuno mai sia stato costretto ad andare fuori Cantone a farsi curare per mancanza di posto in ospedale.

Se l’esperienza di 10 anni di pianificazione anche quantitativa mostra che il turismo dei pazienti a causa del “numerus clausus” delle prestazioni è una pura invenzione, se una tale evenienza sarebbe anche contraria ai nostri interessi perché pagheremmo a prezzi maggiorati le cure fuori Cantone, non vi è nessuna ragione fondata di pensare che il loro razionamento sia un’evenienza seriamente considerabile. A meno di inventarsi spauracchi ideologici, contribuendo a confondere le idee dei lettori, che sono anche assicurati e contribuenti e che, accanto ad un sistema sanitario performante, vorrebbero evitare l’esplosione dei costi sanitari e le conseguenze di tale esplosione su imposte e premi di cassa malati.

La perla.
Dice Pontiggia: il razionamento delle cure istituzionalizzerebbe la medicina a due velocità.
Appunto. E secondo lui i socialisti sarebbero così sciocchi da contribuire ad istaurare una medicina di serie A e una di serie B dopo aver sempre combattuto con forza questa evenienza? Andiamo, non offendiamo l’intelligenza delle persone. Il razionamento delle cure non è all’ordine del giorno, nessuno lo vuole, tantomeno il sottoscritto. Quello che vogliamo è tenere sotto controllo i costi sanitari nell’interesse generale di tutti. Oggi sostenendo con convinzione la Legge cantonale così come uscita dai lavori della Gestione, domani, se i numeri elettorali ce lo consentiranno, contribuendo alla nuova pianificazione dalla direzione del DSS.

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