Che la scuola appassioni molti e sia, giustamente, argomento di discussione aperta, soprattutto quando si parla di scuola dell’obbligo, mi pare un fatto piuttosto assodato. Basta scorrere un poco i giornali per rendersi conto di quanto il tema, in una miriade di sfaccettature, sia sempre ben presente nell’opinione pubblica. Per quanto mi riguarda, ogni volta che ce n’è stata l’occasione non ho mancato di dire la mia, a volte venendo addirittura rimproverato di anticipare opinioni che competono al Governo, non al solo DECS. Per questo mi ha sorpreso leggere sul Giornale del Popolo (edizione di giovedì 21 febbraio) delle “sensazioni” del presidente del PPD Giovanni Jelmini, secondo il quale, come direttore del Dipartimento dell’educazione, sarei restio ad un confronto sul tema “scuola”.
Se c’è una cosa che non ho mai fatto in vita mia è sottrarmi ad un confronto, compresi i dibattiti sui temi più ostici. Figuriamoci se lo faccio su un tema di mia competenza istituzionale!
Contrariamente a quanto riferisce un distratto Jelmini, è da più di un anno che i vari gruppi di lavoro sulla riforma dei piani di studio della scuola dell’obbligo sono al lavoro ed è da fine 2012 che hanno consegnato i loro rapporti, che sono ora in fase di analisi e accorpamento. Anch’io sto attendendo il frutto di questo approfondimento, al quale hanno lavorato molte persone. Su questa documentazione è prevista una consultazione pubblica, che coinvolgerà docenti, famiglie, istituzioni e che ci permetterà, in ambito di programmi scolastici, di tenere quel dibattito aperto nel corso del quale saranno in molti ad esprimersi. Un confronto che mi auguro costruttivo, rispettoso delle competenze diverse, alla fine del quale, lo sappiamo bene già da ora, sarà pressoché inevitabile avere anche degli insoddisfatti. Al termine di questo iter, tra uno o due anni, avremo ammodernato gli obiettivi programmatici, avremo affrontato la questione delle metodologie, oggi sempre più legata alla questione delle nuove tecnologie e al loro rapporto non facile con la scuola.
Su un tema specifico non vorrei però si facesse confusione con quanto brevemente menzionato più sopra, la questione che Jelmini riassume nella domanda “Il modello di una scuola ad una sola velocità è veramente il modo migliore per affrontare il mondo di domani?
Ebbene, seguendo l’indicazione di molti pedagogisti, a questa domanda rispondo che la scuola ideale coniuga integrazione e differenziazione e si traduce in una scuola unica all’interno della quale i ragazzi possono seguire percorsi differenti, a seconda delle loro diverse capacità, in un contesto unitario e non discriminatorio. Per questo credo che ridurre il numero medio di allievi nelle classi sia importante, aiuti docenti e allievi a considerare meglio i bisogni diversi e migliori la scuola. E’ solo uno dei tasselli di un puzzle complesso, ma è un tassello importante sul quale presto il Gran Consiglio dovrà pronunciarsi, essendo pendente un messaggio che va in questa direzione.