Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

Storie strane

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In un suo articolo pubblicato la settimana scorsa, l’ex direttore di questo giornale Giancarlo Dillena proponeva un dialogo immaginario tra un docente e una sua allieva su paure, fascismi e preoccupazioni per il clima. Nella storiella, l’insegnante, non incline a sostenere le teorie sui muri, il blocco degli sbarchi, rispettivamente a negare il riscaldamento climatico, veniva presentato come ideologizzato, intollerante, irascibile, antipatico e incapace di accogliere opinioni diverse, al contrario dell’allieva, arguta, curiosa, attenta, tranquilla, mossa da spirito critico e centrata nel suo dire.

Non comprendo per quale ragione nella caratterizzazione dei personaggi Dillena abbia volutamente calcato la mano negativamente sulla figura del docente, sdoganando lo stereotipo del docente “buonista” che dice una cosa e ne fa un’altra.

Leggendo l’articolo mi sono venuti in mente quei brutti film nei quali i tedeschi, sempre cattivi, non sanno che gridare e manifestare violenza, o nei quali i poliziotti, sempre scarsi in acume, non brillano per le loro azioni. A quale scopo ritrarre i docenti in questo modo ingeneroso?

Se l’intenzione di Dillena era di dirci che tra gli insegnanti, come d’altronde tra i politici e gli ex direttori di giornale, vi è anche chi incorre talvolta in contraddizioni non auspicabili, allora ha ragione, anche se la modalità per esprimere ciò poteva essere un’altra.

Non cadere in contraddizione non è d’altronde evidente. I docenti sono tenuti da un lato a rispettare le finalità della scuola, promovendo lo sviluppo armonico di persone in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società e di realizzare sempre più le istanze di giustizia e libertà, nonché educandole alla pace, al rispetto dell’ambiente e agli ideali democratici (art. 2 della Legge della scuola) e dall’altro, parallelamente, proprio perché la democrazia si nutre di idee differenti, sono tenuti ad evitare di esprimere giudizi di valore su questa o quella opinione, a meno che l’opinione sia manifestamente contraddetta da fatti accertati.

Dal mio osservatorio di direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport non capita quasi mai di venire a conoscenza di episodi come quelli descritti nella finzione di Dillena (curiosamente, sarà un caso, di recente è assurta all’onore della cronaca una vicenda che con la storiella ha qualche affinità). Mi capita invece sovente di assistere nelle scuole a begli esercizi di civica e educazione alla cittadinanza e alla democrazia, preparati con cura e competenza da professionisti che credono fermamente nella capacità degli allievi di formarsi una propria idea del mondo e delle cose, docenti che con esperienza e fare maieutico accompagnano i propri allievi lungo il loro percorso di scoperta e di crescita. Sarebbe bello raccontare anche queste storie, quelle di cui possiamo andare orgogliosi e che si avvicinano maggiormente alla quotidianità e alla normalità della nostra scuola. Certo, nulla è perfetto, non lo sono nemmeno la scuola ticinese e i suoi insegnanti, ma lontana dalla perfezione mi è parsa anche l’inutile provocazione giornalistica di Dillena nei confronti della classe docente.

Se l’intenzione dell’ex direttore era invece di dirci che vi sono anche dei “buonisti” che predicano bene e razzolano male, cavalcando in maniera acritica paure simmetriche a quelle espresse dai “cattivisti”, ha probabilmente delle ragioni, ma poteva evitare di coinvolgere la scuola e la figura degli insegnanti in questo discorso. La mancanza di onestà intellettuale, tipica delle posizioni acritiche, è sempre problematica.

Ma forse ho capito male io. Forse l’obiettivo era quello di suggerire che gli allievi se la sanno cavare comunque, anche quando purtroppo occasionalmente si scontrano con individui, anche adulti, incapaci di portare argomenti validi e fondati a sostegno delle proprie tesi. Se questo è il caso, e me lo auguro, significa anche che il sistema educativo sta effettuando complessivamente un buon lavoro. Perché anche la scuola, non solo essa ma certamente anch’essa, grazie a chi vi opera, contribuisce in modo importante a sviluppare la ragione e il senso critico dei ragazzi, fornendo loro le armi intellettuali necessarie a smascherare le falsità e le falle argomentative che possono minare il sistema democratico e nelle quali sguazzano i populismi, intesi come movimenti (di destra e di sinistra) costruiti su paure viscerali, spesso irrazionali e infondate.

Pubblicato sul Corriere del Ticino, maggio 2019

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