Manuele Bertoli Un modo si trova – Pensieri, appunti e proposte di politica e altro

Tre proposte di azione per la scuola ticinese

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Queste tre proposte, pubblicate all’inizio della campagna elettorale, assumono oggi un significato particolare: da formulazioni ipotetiche sono diventate un primo elemento della mia azione di governo. Ma sono solo un punto di partenza dal quale iniziare -assieme- un lungo cammino. Anche qui, con i vostri commenti e il vostro apporto di idee e di esperienze.

Pubblica, forte, innovativa, questa è la scuola che i ticinesi si aspettano. Per raggiungere l’obiettivo essa deve saper coniugare equità ed eccellenza, deve sapere rinnovarsi tenendo conto dell’evoluzione della società, deve saper puntare sulla professionalità dei docenti.

1. Riformare la scuola nell’era della società dell’informazione

Perché?

La scuola ticinese può certamente essere definita una scuola di qualità, in media internazionale, e certamente ha molti meriti dal profilo dell’equità.
Tuttavia, dopo l’introduzione della scuola media negli anni ’70, non vi sono più state riforme significative, e questo probabilmente per mancanza di coraggio e di visione da parte delle autorità scolastiche. L’ultima riforma della scuola media, se si eccettua l’inglese obbligatorio e il francese decaduto a materia opzionale, non sembra essere riuscita a introdurre dei cambiamenti significativi.

L’arrivo del concordato HarmoS impone un ripensamento dell’intero sistema. HarmoS non è esente da punti criticabili e da pericoli, ma deve essere un’opportunità per rivedere le finalità della nostra scuola.

Negli anni passati si sono spese molte energie per riforme del settore terziario (USI, SUPSI, ASP), trascurando un po’ la scuola obbligatoria. È necessario rivolgere nuovamente l’attenzione verso questo settore vitale e fondamentale per la nostra società. È quindi necessaria una visione più ampia e coraggiosa, che permetta di cambiare il sistema in maniera radicale.

Alcuni temi:

  • il curricolo: la scuola elementare vive con dei programmi scritti trent’anni fa. La riforma del piano di studio della scuola media si proponeva uno sfoltimento dei programmi, un risultato che si stenta a vedere. È necessario un ripensamento radicale e coraggioso, senza tabù, che miri a capire cosa è veramente essenziale che gli alunni imparino nella scuola obbligatoria, e cosa no;
  • autonomia e centralizzazione: la centralizzazione di procedure e normative è una garanzia di equità per il sistema. A livello della gestione del quotidiano, tuttavia, una maggiore autonomia e flessibilità attribuita agli istituti scolastici potrebbe aiutare le scuole ad essere maggiormente attente ai bisogni degli allievi. Le scuole devono diventare delle vere comunità di apprendimento e di lavoro, nelle quali gli attori (direttori e insegnanti in primis) collaborano attivamente per favorire l’apprendimento di tutti gli allievi;
  • aspetti pedagogici: è necessario mettere in campo tutte le risorse necessarie per implementare efficacemente le misure di differenziazione pedagogica citate al punto 1.

2. Coniugare equità ed eccellenza gestendo meglio l’eterogeneità

Perché?

La scuola ticinese si propone di garantire a tutti un’educazione equa, correggendo gli scompensi socioculturali e riducendo li ostacoli che pregiudicano la formazione degli allievi. Si può affermare che globalmente su questo punto sono stati ottenuti buoni risultati, come attestano numerosi studi.
Gli stessi studi indicano tuttavia che c’è ancora molta strada da fare, anche perché per il momento la scuola ticinese sembra in difficoltà nel coniugare equità e eccellenza, come indicano gli ultimi risultati PISA.

Non vi sono soluzioni miracolo. È però sorprendente come, accanto alla giusta decisione di creare una scuola media integrativa, non si sia pensato finora anche di sviluppare delle metodologie didattiche per garantire un’adeguata gestione dell’eterogeneità all’interno delle aule (differenziazione pedagogica). Il risultato è che i docenti sono spesso in difficoltà di fronte a questa eterogeneità e che a volte si ventila la via facile di un ritorno a classi o scuole omogenee, come il vecchio ginnasio o le vecchie scuole maggiori. Invece, le ricerche internazionali hanno dimostrato che è possibile coniugare equità e eccellenza: infatti tutti i Paesi scandinavi hanno dei sistemi integrativi come il nostro, ma con risultati scolastici superiori.
Il motivo è che questi paesi hanno sviluppato forme di differenziazione pedagogica e di collaborazione interna agli istituti che favoriscono in maniera spettacolare la qualità della scuola.

La riforma 3 della scuola media prevede l’attuazione della differenziazione. Purtroppo i segnali che arrivano dal “fronte” indicano che siamo molto lontani dal vedere una generalizzazione di queste pratiche, perché non si è voluto investire a sufficienza nel sostegno ai docenti, indispensabile per attuare riforme di questa portata. Questa situazione è da correggere e questo obiettivo va perseguito con grande impegno.

3. Riconoscere concretamente la professionalità dei docenti

Perché?

I docenti sono il cuore pulsante della scuola, senza cui nessun cambiamento e nessun apprendimento sarebbe possibile.
Non si può dire che oggi il Cantone abbia un particolare riguardo nei loro confronti. Basti citare la decisione di aumentare il loro orario di lavoro, oppure i numerosi indicatori che denotano una scarsa remunerazione finanziaria, che li situa spesso all’ultimo posto in Svizzera.

La tendenza sembra essere quella verso una maggiore burocratizzazione della scuola, e il fatto di imporre degli standard di apprendimento nazionali – sebbene tale progetto presenti anche degli aspetti interessanti e positivi – può far correre il rischio di portare i docenti verso un ruolo di semplici esecutori.

Tutto ciò uccide la creatività e la motivazione, mentre la direzione da prendere è quella della professionalizzazione, cioè del considerare i docenti dei professionisti responsabili in grado di assumere delle decisioni autonome a beneficio dei propri alunni.

È fondamentale quindi creare una cultura collaborativa e partecipativa, nella quale i docenti tornino ad essere attori responsabili e con potere decisionale.
È inoltre essenziale mettere in atto tutte le misure necessarie per rendere più attrattiva la professione insegnante: gli insegnanti stanno invecchiando, questione che viene sottovalutata, e sempre più sarà difficile trovare personale adeguato, soprattutto in certe discipline. Il problema è già molto acuto, ma è tenuto nascosto. Già oggi sono attribuite migliaia di ore di incarichi speciali, ore cioè attribuite a persone senza titoli sufficienti e senza formazione pedagogica).

Aumentare l’orario dei docenti di un’ora ha solo contribuito a rinviare la soluzione a questo problema. L’adeguamento dei salari è certamente una misura da prendere, ma ve ne sono altre come la promozione della mobilità, obiettivo non privo di ostacoli, va detto, o la messa a disposizione dei docenti di tutto il sostegno necessario sotto forma di formazione, di consulenza, di reti, per favorire le innovazioni e le riforme.

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