Pubblicato su PS Lugano aperta, novembre 2009
Il Congresso del Partito Socialista Svizzero ha deciso di lanciare un’iniziativa popolare federale sul salario minimo legale nel corso del 2010, dopo che anche l’Unione sindacale svizzera avrà preso una decisione in tal senso e sarà stata trovata una convergenza sul testo concreto della proposta.
Finalmente! Lo dico con la convinzione di chi da molto tempo è a favore di questa misura, per almeno tre ragioni politiche.
Innanzitutto perché il salario, come l’introito da lavoro indipendente, è per la stragrande maggioranza della popolazione la fonte irrinunciabile di reddito che determina lo standard di vita proprio e della propria famiglia. Un elemento essenziale dal quale dipendono la qualità dell’abitazione, della cura per i propri figli, del benessere di ognuno di noi, in una parola sola la dignità dei cittadini. Chi è costretto a lavorare molto senza guadagnare abbastanza deve accontentarsi di case piccole o disagiate, deve sottrarre tempo prezioso alla cura dei propri figli e, se non ha parenti disponibili nelle vicinanze, non può permettersi di affidare questo compito ad altri, fatica a permettersi delle vacanze e magari è pure obbligato a doversi rivolgere allo stato per avere aiuti finanziari complementari. Salari minimi obbligatori dignitosi, sufficienti per vivere adeguatamente in Svizzera, sono quindi prima di tutto una questione di giustizia e di dignità.
In secondo luogo perché nel nostro sistema, tutto il reddito che non viene coperto dal salario deve essere sostenuto dallo stato sociale, quindi dai contribuenti, che paradossalmente in questo modo sovvenzionano indirettamente le aziende che per insufficienza economica, o peggio per avidità, non sono in grado di pagare stipendi decenti. Anche dal profilo economico il salario minimo legale è quindi una necessità. Lo stato sociale non può e non deve trasformarsi in una stampella per un’economia malata e dal loro canto le imprese non possono e non devono essere autorizzate a sottrarsi alla loro responsabilità sociale, scaricando sulla collettività degli oneri che non possono o non vogliono assumersi.
Infine perché la determinazione di salari minimi decenti permetterebbe almeno parzialmente di ridurre i fenomeni negativi legati al frontalierato, in particolar modo il dumping, che mette assurdamente in concorrenza lavoratori indigeni con lavoratori d’oltre confine disposti a lavorare per salari troppo bassi per vivere in Svizzera.
Naturalmente l’ideale sarebbe stato trovare delle soluzioni contrattuali, fissando i minimi salariali nei contratti collettivi e non nella legge. Purtroppo, dovendo constatare come i minimi contrattuali non costituiscono oggi una rete sufficiente per l’insieme della popolazione, il ricorso a salari minimi legali, quindi fissati dall’autorità politica, rimane l’unica strada praticabile. Una strada che è possibile percorrere solo modificando le leggi federali, come ha dimostrato la recente decisione del Gran Consiglio di dichiarare irricevibile una proposta su questo tema avanzata a livello cantonale.
Per questo abbiamo dovuto ricorrere alla politica federale, per questo abbiamo deciso di usare l’arma dell’iniziativa popolare, quindi della proposta dal basso, sostenuta direttamente dalle cittadine e dai cittadini. L’iniziativa permetterà di rimettere al centro del dibattito politico la questione del lavoro e del salario dignitoso, una questione centrale per la coesione sociale mai risolta. In un’epoca nella quale i salari di alcuni alti dirigenti di azienda raggiungono livelli vergognosi, tali da coprire in un anno l’equivalente dei guadagni di una vita intera di diversi lavoratori, sapere porre con forza questa questione alla società è un dovere delle forze di sinistra: e come è sempre accaduto sulle questioni sociali importanti, la sinistra ha saputo rispondere “presente